Il nostro socio Giovanni ci chiede: “le mascherine chirurgiche e gli altri dispositivi di protezione individuale come possono essere trattati per essere riutilizzati?”
Questi dispositivi sono per definizione monouso, di conseguenza dovrebbero essere utilizzati una sola volta (anche per ore, come avviene nei turni di lavoro) e poi eliminati, secondo le modalità previste.
Purtroppo la difficoltà a reperirli facilmente (ed i costi ancora elevati) rendono poco attuabile questo approccio e spingono a cercare modalità che ne consentano il riuso.
Peraltro, secondo le norme vigenti, non esistono al momento metodi di riconosciuta efficacia e sicurezza che possano essere utilizzati per effettuare una disinfezione; questa conclusione vale a maggior ragione per i “sistemi fai da te”, come ferro da stiro, vapori di soluzioni alcooliche, lavaggio ed esposizione al sole, ecc.
Si tratta di pratiche non prive di controindicazioni, soprattutto in riferimento al rischio di trasmissioni di organismi patogeni; inoltre non è certo che l’uso estensivo del dispositivo ne mantenga le caratteristiche e la funzionalità. Vanno pertanto adottate tutte le cautele possibili ed il riutilizzo va preso in considerazione solo in una situazione emergenziale (…meglio di niente…).
In attesa che la disponibilità di mascherine sia sufficiente a coprire il fabbisogno ed i loro prezzi si normalizzino, il buon senso (ma, per ora, non la scienza) può farci dire che una mascherina chirurgica utilizzata solo per qualche ora ed in un contesto ambientale non a rischio elevato (all’aperto o in area chiusa ma poco frequentata) potrebbe essere riutilizzata (senza alcun trattamento) se usata correttamente, in buono stato e ben conservata. Ma in questo caso entra in gioco la valutazione soggettiva (ad esempio, di cosa significhi in buono stato).
D’altro canto l’uso delle mascherine esteso a TUTTA la popolazione potrebbe rappresentare l’arma vincente per la prevenzione (in attesa della vaccinazione di massa) perché ci proteggerebbe dal contagio da parte degli asintomatici, che oggi rappresentano il maggior pericolo.
In questo senso va vista con favore la misura della Regione Toscana che ha reso obbligatorio l’uso delle mascherine già dal dal 20 Aprile. Di contro, scrivere che sono obbligatorie anche negli spazi all’aperto se “frequentati da più persone”, rappresenta quasi una provocazione all’italico istinto di azzeccagarbugli. Alla domanda di definire esattamente quale sia un luogo pubblico “frequentato da più persone”, temiamo che ogni cittadino possa dare la risposta che meglio gli aggrada. Ad esempio, chi stabilisce se il marciapiede di una strada cittadina sia “frequentato da più persone”? Forse sarebbe stato meglio dire semplicemente: “l’obbligo della mascherina scatta per tutti nel momento in cui si esce dalla propria abitazione”.