La convivenza in un condominio espone alla necessità di tollerare la presenza di vicini, con i quali ci si trova a dover spartire spazi comuni, quali scale, pianerottoli, zone adibite a parcheggio, etc, che non sempre vengono da tutti utilizzati in modo corretto (si pensi al caso in cui un vicino di pianerottolo vada costantemente ad occupare porzione del medesimo mediante voluminose fioriere, passeggini per bambini, biciclette o altro, oppure intervenga sulla facciata modificandone l’estetica, ad esempio mediante sostituzione di infissi o creazione di veranda).
Tollerare non significa, tuttavia, dover sopportare qualunque cosa, esistendo dei limiti di normale tollerabilità che non possono essere oltrepassati.
Laddove non si riesca a raggiungere un punto di intesa comune, occorre rivolgersi all’avvocato.
Orbene, rivolgersi all’avvocato significa dunque dover andare in causa? Non necessariamente.
L’ambito condominiale è infatti uno di quegli ambiti nei quali, prima di chiedere l’intervento di un giudice, è obbligatorio tentare di trovare un accordo tra le parti in lite, dinnanzi ad organismi di mediazione finalizzati alla conciliazione.
Sarà pertanto consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto di mediazioni, che potrà – con costi e tempi ben inferiori rispetto ad una causa – risolvere la situazione, aiutando le parti in lite a raggiungere un accordo che soddisfi tutti.
Esistono tuttavia litigi condominiali che sfociano nel campo del diritto penale, laddove la condotta risulti qualificabile quale reato.
Si pensi all’ipotesi di continue immissioni di fumi od odori da un’abitazione ad un’altra.
Laddove, ad esempio, una unità immobiliare, destinata a civile abitazione, venga, di fatto, trasformata in locale “friggitoria”, tale comportamento può costituire “molestia olfattiva” inquadrabile nel reato di getto pericoloso di cose.
Un’altra ipotesi di reato in ambito condominiale è costituita dal c.d. “stalking condominiale”, ovvero quel reato consistente in comportamenti molesti e persecutori nei confronti dei vicini di casa, tali da ingenerare nelle vittime un grave e perdurante stato di ansia, frustrazione e paura per sé o per i propri familiari, costringendoli a cambiare abitudini di vita.
A titolo di casistica, ipotesi di stalking condominiale possono consistere in reiterati atti vandalici, nell’uso/abuso dell’ascensore allo scopo di impedire alle vittime di usarlo, in distacchi ingiustificati di corrente dell’abitazione dei condomini, nell’imbrattamento dell’ascensore con frasi e segni osceni, nel danneggiamento la serratura dell’abitazione, otturandola con la colla.
Immissioni moleste e stalking costituiscono reati che possono anche integrarsi tra loro, essendo stato individuato il reato di stalking condominiale anche nel caso di immissioni acustiche moleste (insulti, minacce, rumori).
Si consideri che, in questi casi, la responsabilità dell’autore del reato può esser dimostrata anche solo a seguito delle dichiarazioni della vittima del reato, una volta verificata la credibilità e attendibilità del suo racconto.
Sarà, quindi, compito del legale di fiducia assistere la persona per verificare se la lite condominiale possa esser ricomposta amichevolmente, oppure se serva andare in causa, o addirittura procedere a mezzo di denuncia penale.
(Avv.Roberto Visciola)
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